Il processo creativo_1° parte
di Isabella Tholozan
Creatività: sostantivo femminile – virtù creativa, capacità di creare con l’intelletto e con la fantasia (Vocabolario Treccani).
A parte la divertente definizione che identifica la creatività come virtù al femminile, cosa sappiamo e cosa conosciamo della creatività e del processo creativo che mettiamo in atto ogni qualvolta decidiamo di fare?
La creatività è da sempre, per il genere umano, una specie di via di scampo e rappresenta, in tante situazioni, la giusta risoluzione a stati di blocco emotivo, una chiave quindi, che consente di capire chi siamo e quali potenzialità possediamo.
Alimentata e mantenuta viva dalla fantasia, richiede un esercizio continuo e costante, per non esaurire quel fantastico gusto creativo dell’infanzia, mantenendo inalterata le capacità di stupirci e di essere curiosi, fuori da ogni regola; non a caso fu proprio qual genio creativo di Pablo Picasso a dichiarare “Quando ero piccolo, sapevo dipingere come Raffello, mi c’è voluto però una vita intera per imparare a disegnare con la creatività di un bambino”.
Il mistero dell’attitudine creativa dell’uomo è stato materia di studio e analisi fin dai primi anni del 900’, patendo le iniziali difficoltà incontrate nell’isolare gli aspetti della creatività quotidiana da quelli dell’arte, filosofi e psicologi hanno cercato di comprenderne lo sviluppo globale.
Desidero quindi coinvolgervi in questo mio studio, iniziato allo scopo di meglio comprendere e interpretare i vari processi creativi utilizzati da fotografi e artisti, diventato con il tempo un approfondimento prezioso che mi ha permesso di capire non solo gli altri ma anche me stessa.
Questa prima parte sarà quindi dedicata agli aspetti cognitivi del processo creativo, teorizzati dagli psicologi gestaltisti, attivi in Germania e negli Stati Uniti, primi a dedicare attenzione all’analisi del comportamento cognitivo che porta alla soluzione dei problemi (problem solving).
E’ in quest’ambito che la scienza ha iniziato a dare un significato a quel “pensiero produttivo” che, nel suo essere opposto al “pensiero riproduttivo”, induce alla soluzione attraverso una visione olistica, tramite lo sviluppo d’indicazioni, suggerimenti utili, grazie ai quali il pensiero innesta una gradualità di operazioni che portano a progredire verso un approccio adeguato, che contiene già al suo interno la ristrutturazione di campo risolutoria detta “insight” (intuizione, illuminazione).
Evitando lo stallo del pensiero riproduttivo, che induce alla ripetizione di procedure già note, con l’insight, il soggetto riceve l’intuizione giusta che porterà ad analizzare tutti i vari approcci utili alla soluzione del problema in maniera “creativa”.
Fino a qui sembra tutto semplice, procedere con un “pensiero produttivo” porta a soluzioni “creative” raggiunte attraverso particolari fasi ma, per l’uomo adulto, educato, scolarizzato, civilizzato, non è così semplice sdoganarsi dall’agevole sicurezza del “pensiero riproduttivo”.
Lo studio e la sperimentazione hanno, infatti, individuato fenomeni che intervengono a ostacolo del “pensiero produttivo”, negandone così l’illuminazione.
Tali fenomeni sono: la fissità, generata dall’incapacità di cambiare il punto di vista, le azioni meccanizzate e ripetute ostinatamente con la stessa strategia, gli atteggiamenti latenti indotti da soggetti che rispondono sempre con le stesse modalità, anche non pertinenti, senza capirne la diversità e, ultima, l’incapacità di ristrutturazione di campo, dovuta alla negazione di nuovi percorsi, che conduce a intraprendere strade sbagliate.
Teorizzata nel 1926 dallo psicologo Graham Wallas e accettata da tutta la comunità scientifica, l’insight, è parte integrante del processo creativo e interviene nelle quattro fasi: preparazione, incubazione, insight e verifica.
In pratica, la mente definisce il problema e incamera i dati cruciali (preparazione) in seguito elabora i materiali disponibili, alla ricerca di un nuovo ordine che produca un senso alla soluzione, attraverso prove ed errori (incubazione).
Questa seconda fase è molto particolare perché continua anche nei momenti nei quali l’attenzione cosciente è sospesa. La storia è ricca d’esperienze di questo tipo, alcuni esempi ne sono stati Einstein, Newton, Fleming e molti altri. Le più grandi scoperte sono nate proprio così, proprio nel momento in cui si smette di pensare alla soluzione del problema, quando ci si rilassa e si lascia che le acquisizioni fatte lavorino da sole dentro la propria mente.
L’insight può allora giungere improvvisamente, inaspettatamente e rappresenta un’elaborazione che non proviene dalla logica della ragione, ma da luoghi dove altre logiche comandano.
La fase finale della verifica prosegue con le prove e le messe a punto, al fine di verificare la consistenza del processo messo in atto.
Il grande merito dei medici gestaltisti risiede nel fatto di aver spostato il centro d’interesse dal pensiero “intelligente” a quello “produttivo”, creando così una prima differenziazione tra i due, specificando che nulla capita per pura folgorazione casuale ma che tutto necessiti comunque di una precedente e profonda conoscenza, acquisita attraverso lo studio e la dedizione al proprio campo d’interesse.
Comprese le fasi e le controindicazioni, si cominciò a scomporre e misurare il pensiero creativo, individuando così capacità di pensiero semplici come la fluidità, la flessibilità, l’elaborazione e la valutazione, capaci di produrre e analizzare idee, al fine di raggiungere gli scopi prefissati, attraverso flussi di pensieri “divergenti”, ottenendo qualcosa di nuovo, che non era presente nella fase iniziale.
Volendo sintetizzare, si può quindi dire che la creatività è un concatenarsi di associazioni insolite ma utili, alle quali si può giungere attraverso più vie che sono state così definite: “serendipity”, in altre parole la combinazione casuale ma, felice, di elementi diversi, la “somiglianza” e la “mediazione” che conduce ad associare elementi notevolmente distanti tra loro attraverso una serie di passaggi intermedi favoriti dagli elementi comuni.
È in tale attivazione di processi associativi che si trova la radice della creatività, il potenziale creativo di ogni persona tenderebbe quindi a differenziarsi in base alla quantità d’informazioni possedute e in base alla gerarchia associativa.
Iniziate ad associare gli aspetti cognitivi espostivi con quanto sperimentato durante le vostre esperienze “creative”?
Fine prima parte